C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)

C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)
"C'est en écrivant qu'on devient écriveron" (Raymond Queneau)

mercoledì 25 dicembre 2013

Somniare Somnium

 
 
Chère imagination, ce que j’aime surtout en toi, c’est que tu ne pardonnes pas.
Manifeste du Surréalisme

Dormo poco. Faccio anche fatica a riaddormentarmi se per qualsiasi motivo mi sveglio. Do la colpa ai sogni. Loro, non sanno cosa vuol dire dormire solo qualche ora. Il sogno, non sa cosa vuol dire essere sveglio. E così si diverte. Si gongola nella sua libertà temporale e morale. Infatti, non credo che il sogno si ponga il problema di esser dispettoso. Credo, però, che in fondo i sogni ce l'abbiamo un po' con noi, per non aver dato loro molto spazio. Ma di questo non mi sembra il caso di parlarne qui e ora.
Ieri sera, però, ho voluto cambiare tattica e, dopo aver bevuto la quotidiana quanto inutile tisana alle erbe che promettono miracoli, sono andato a letto ben intenzionato ad addormentarmi il più presto possibile. E così è stato.
Nell'annebbiamento e al rilassamento misto a impotenza, tipico dello stato notturno non cosciente, mi ero messo in attesa. Attendevo di sognare, o meglio, attendevo d'incontrare un sogno.
Quando la mia attività cerebrale, che evidentemente non potevo controllare, me lo ha permesso, il sogno è arrivato. Dico è arrivato perché quando si dorme non si ha l'esatta percezione dove uno sia e dove siano le altre cose. Se di cose si può parlare. Perciò il sogno mi si è presentato all' improvviso, come quando si entra in un banco di nebbia. A questo punto, di solito, si resta intrappolati in una storia che il sogno c'impone e della quale, spesso, si può anche fare a meno. Almeno quando ci si riflette al risveglio.
Ma questa volta, era grande in me la voglia di non farmi coinvolgere. Per farmi coraggio pensai intensamente alla storia di Ulisse con le sirene. All'inizio, il sogno ce la mise tutta e cercò di confondermi con immagini e persone che più o meno somigliavano a quelle della vita reale. Giocò con i sentimenti, con i desideri che non avevo mai voluto confessare. Ma senza riuscirci. Ero determinato a restarne fuori. Tra gli aspetti positivi dell'insonnia c'è anche il poter restare presenti a se stessi quando si dorme.
Per farla breve, una volta entrato in questa sottilissima nebbiolina, il sogno si è subito accorto che qualcosa non andava. Restava in dubbio sul da farsi. Fu in quel momento che misi in pratica il mio piano ed iniziai a parlargli.
Ovviamente il sogno non poteva rispondermi. Cercò di farlo, ma il significato di quello che diceva era talmente ingarbugliato e contorto, che nemmeno un terno secco mi avrebbe permesso di decifrarlo. Mi parve, però, di capire che si trattava di un personaggio molto capriccioso che, abituato a fare un po' come gli pare, non accettava di esser emesso in discussione. Certamente un tipo autoreferenziale. I latini l'avevano capito. Per loro, l'azione di sognare non si distaccava mai dal suo complemento oggetto.
Approfittando di questa incertezza ho così iniziato a raccontare, al sogno, la mia vita. Nulla di particolare, gli ho solo detto della mia giornata, di quello che faccio, le persone che incontro, cosa mangio. Insomma, quello che faccio in sua assenza.
Mi sembrava che lui fosse interessato, per il sogno era come scoprire un mondo nuovo, mai visto. Forse in questo modo, pensavo, avrei potuto creare un contatto con lui, farmelo amico, ed evitare le lunghe ore di veglia notturne.
La nebbia cominciò ad infittirsi, segno che lui si stava rilassando. Continuavo a parlare, descrivevo nei minimi particolari come si lavano i piatti o come funziona il microonde.
All'inizio lui tentò di ribellarsi cercando di confondere i differenti piani e la trama del mio racconto. Poi, poco a poco, tutto divenne bianco intorno a me. In quel mondo confuso si fece silenzio, non c'erano più immagini, desideri, sentimenti o ansie. Tutto era calmo.
Il sogno si era addormentato. Ed io con lui.

© 2013 Gianfranco Brevetto

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