C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)

C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)
"C'est en écrivant qu'on devient écriveron" (Raymond Queneau)

sabato 29 novembre 2014

All'inizio non fu il tango

 
 
All’inizio non fu il tango.
Forse apparve un movimento senza musica, un brusco movimento involontario, un singhiozzo sfuggito ad un bambino.
Ma all’inizio non fu il tango.
Non ci furono parole, fiori, passi, scarpe, compromessi. Tantomeno case, strade, panchine e orari dei treni. Però da lontano, e solo da lontano, si poteva intravedere una sedia vuota, una finestra socchiusa. Una scatola di caramelle variopinte, un secchio pieno a metà.
 
Ma all’inizio non fu il tango.
 
Potrei tranquillamente dire che, all’inizio, non arrivavano autobus affollati, non c’erano cappelli da uomo o da donna, nessuno portava bracciali e unghie finte. C’era qualche sporadica nuvola, un uccello variopinto, una pentola malriposta.
Ma nessun tango.
All’inizio, si sa, nessuno avrebbe mai pensato ad auto di lusso, a borse della spesa, a spese folli, a denaro, assegni, ai pieni di benzina. Sì, c’era qualcuno che mangiava mele (seppur di nascosto, si capisce), c’era chi l’avrebbe scoperto, chi continuava a guardare l’ora, a fumare senza filtro, a specchiarsi nelle vetrine.
Ma all’inizio non fu il tango. Nessun tango c’era in quel momento.
Non ci sarebbe mai potuto essere. Lì, in quel momento, quello dell’inizio. Quello in cui qualcuno, per primo, ballò, fece quel passo. Quel qualcuno che, per primo e con voce sorpresa, disse: questo è il tango! Quel primo passo dal quale tutto iniziò.
No, non ci fu il tango all’inizio.
Nessuna orchestra ne conosceva il ritmo, la chiave, le note, il concatenarsi delle battute. Nessuna atmosfera, nessuna lingua, nessun lunfardo, nessuna sigaretta da fumare o bicchiere da riempire. Segni scontati e ripetitivi di qualcosa che sarà dopo.
Nulla di tutto questo, quindi.
Di certo, e ne sono convinto, ci fu un profumo, una donna e l’ombra di un uomo. Ci fu un’attesa, un tempo fermo che pareva durasse da millenni. Un’aria immobile, una luce accennata.
Infine, ripeto, all’inizio non fu il tango. Non lo cercate più là.
Ci furono, si dice, solo due corpi.
Due mani sottili, in penombra.
Forse uno sguardo, non voluto, inatteso.
 
 
 
© 2014 G. Brevetto, Op. Cit.
 


lunedì 17 novembre 2014

PSICOFTALMOLOGIA FAMIGLIARE





Sono un giovane oculista. In verità mi sono laureato già da qualche anno, ma è da poco che esercito realmente la professione. Ho dovuto attendere che morisse zio Peppino, anche lui oculista, per poterne ereditare studio e clienti.

Diciamo che di clienti, in questo passaggio, ne ho perso qualcheduno. Non si fidano molto di me e poi dicono che mio zio aveva esperienza. Insomma, era tutta un’altra cosa. Però alcuni mi sono rimasti, i pazienti sono abitudinari, non hanno voglia di cambiare. Poco importa se al posto di Peppino ci sia io. L’importante è che li visiti e che non dica cose molto esagerate. I pazienti vogliono sentirsi ammalati quel poco che basta. Personalmente credo che molti siano interessati a cronicizzare i malanni, convivere con loro, farseli amici. Non conviene né peggiorare né guarire. Meglio lamentarsi poco e spesso.

Tra i clienti che non hanno abbandonato lo studio vi è una coppia di sposi. Mi hanno detto che sono sposati da tre anni. Hanno un figlio, suoceri e suocere, cognati e cognate, madri e padri e parenti fino all’ennesimo grado. Litigano per i motivi più stupidi e, man mano, si stanno facendo sommergere dalla routine e dalla noia. Riempiono la loro vita di cose inutili, fanno esattamente ciò che pensano si debba fare in un matrimonio. Sono certi che sommando mediocrità si ottengano cose eccezionali. Rispettano le regole e sono benpensanti. Fin qui tutto normale.

Il fatto è che sono affetti entrambi da una patologia dai contorni abbastanza oscuri. Si tratta di un problematica certamente di ambito oculistico ma che, nel loro caso, ha risvolti psicologici e famigliari.

Pur comunicando normalmente tra di loro (e posso attestare che tutti e due sono in possesso di ottime qualità psicofisiche) e' come se non si dicessero nulla. Infatti ognuno appare come immerso nei suoi pensieri e, pur reagendo agli stimoli dell’altro, lo fa in modo non pertinente. Come se ognuno guardasse in direzioni diverse.

Sono brave persone, certamente sono in buona fede e mi sembrano in difficoltà. Me la sono presa a cuore  e ho fatto lunghe ricerche tra i libri che mi ha lasciato in eredità zio Peppino. A pagina trecentottantanove del manuale di psicoftamologia credo di aver trovato la risposta. Non ho il coraggio di dirlo loro e per questo mi affido a questo breve scritto.
La patologia in questione è un comune strabismo di coppia.


© 2014 Gianfranco Brevetto



sabato 8 novembre 2014

L'AutoAmabile

 
 
Non voglio pronunciare la parola strano. Eppure, ci starebbe proprio bene. Ma non la dirò! Dirò invece….mmmm…vediamo un po’…ecco!  Dirò: Incredibile! Infatti così è. Eppure…
Eppure stamattina sono uscito. Come al solito, del resto. La mia automobile è sempre quella. La riconosco a prima vista. Sono anni che mi aspetta, più o meno al solito posto. Ha sempre fatto il suo dovere e non mi azzardo a dire il contrario perché potrebbe offendersi. Eppure..
Eppure stamattina c’era qualcosa di diverso. Forse la luce, la prima umidità, l’orario invernale. Boh! Non riuscivo a capire. Lei, appariva più luminosa, come se l’avessi lavata la sera prima. Eppure…
Ho aperto lo sportello, sono entrato ed ho avuto la sensazione che anche dentro fosse pulita e profumata di fresco. La primavera è passata da un pezzo… eppure… eppure… eppure non so cosa! Insomma era tutto più bello. Ma bello bello!
Infilato le chiavi, le ho girate per mettere in moto. Ma, quando il quadro si è acceso, è apparsa una spia che non avevo mai visto prima. Piccola. Al centro del cruscotto. Di un colore acceso. Forse rosso.
Ho spento e riacceso, nel caso mi fossi sbagliato. La lucina era ancora li. Fissa.
Eppure.. eppure….eppure non l’avevo mai vista. Il libretto delle istruzioni non è il mio forte. Trecentocinquanta pagine di cose incomprensibili. Dunque… pagina duecentocinquantasei… schema del quadro delle luci….luce rossa piccola….vedi pagina trecentoquarantuno…lo sapevo! Chiamare il numero verde dell’assistenza…
 
- Si prega di non riagganciare… l’operatore sarà disponibile…. Buongiorno, sono Marta, in che cosa posso esserle utile?
- Ecco una luce rossa piccola..questa mattina…
- Attenda in linea… luce rossa… piccola…sì… vediamo….attenda ancora…ecco! Lei è un uomo fortunato!
- Cosa? Scherza?
- Si è fortunato!
- Perché?
- La sua automobile è innamorata!
- Innamorata?
- Sì, innamorata!
- E allora?
- E allora se ne faccia una ragione! Buona giornata!
Eppure… eppure….
 
© G. Brevetto, L’AutoAmabile, 2014
 
 

 

 



venerdì 12 settembre 2014

Pierina Porfirina

 (disegno di Greta)
 
 
PIERINA PORFIRINA
DIPLOMATA BALLERINA
SALTELLANDO SENZA SOSTA
PIEGA GAMBE POI LE ACCOSTA
BRACCIA TONDE SULLA TESTA
SCHIENA DRITTA GIRA LESTA
LE CAVIGLIE HA BEN RIZZATO
CON UN GESTO RAFFINATO
DI DANZARE MAI SI SAZIA
SE NON FOSSE CHE LA SORTE
A VEDERE QUELLA GRAZIA
SI DISTRAE SOLO UN MOMENTO
E LE SUE MOVENZE TORTE
FA FINIR SUL PAVIMENTO
QUI LAPPLAUSO COGLIE FESTANTE
QUELLINCHINO DOLORANTE.


G. Brevetto, Ametàstrada

sabato 23 agosto 2014

Meursault e il suo doppio: un'inchiesta mai chiusa


 
 
 
Meursault è il protagonista de Lo straniero di Albert Camus. La trama di questo racconto è nota ed è patrimonio consolidato della letteratura del secolo scorso. Meursault, uomo apparentemente insensibile e distaccato, si rende colpevole di un omicidio. In un anfratto di una spaiggia assolata, uccide, per futili motivi, un arabo. Sappiamo solo che la sorella della vittima è stata schiaffeggiata da un suo conoscente e Meursault teme che il fratello voglia vendicarsi . La trama Lo Straniero prosegue, poi, conl le vicende del processo a seguito di questo delitto, ma dell’arabo, della vittima, che appare solo marginalmente nella prima parte del racconto, nulla ci viene più riferito.
Haroun, è invece il protagonista del recentissimo romanzo di Kamel Daoud, dal titolo Meursault, contre-enquête (Acte Sud, 2014). Lo scenario, stavolta, è quello dell’Algeria che ha visto da poco completarsi il lungo e doloroso processo d’indipendenza, una vivenda che ha profondamente lacerato occupati e occupanti. Siamo infatti agli inizi degli anni ’60.

Haroun, che nel racconto Daoud è il fratello dell’arabo ucciso da Meursault, vive la sua esistenza all’ombra di una madre, M’ma, despota e possesiva il cui unico scopo è vendicare il figlio ucciso da un roumi, un non arabo, come tanti coloni e figli di coloni.

Il racconto è un lungo feedback. Haroun narra la storia della sua famiglia ad un non precisato interlocutore nel corso di una serie d’incontri in un bar. Haroun ora è anziano, ma la vicenda è ambientata nei concitati giorni che seguirono la partenza frettolosa dei francesi, dopo la proclamazione dell’Indipendenza del 1962.

Sono passati venti anni dall’omicidio (la pubblicazione de Lo Straniero è infatti del 1942) l’Algeria è profondamente cambiata, nessuno ricorda più quell’episodio, se non due piccole brevi di cronaca contenute in alcuni ritagli di giornali custoditi gelosamente da M’ma.

Ricostruire quanto accaduto sembra l’unica missione di Haroun, che deve sottostare all’onnipresenza e onnipotenza materna. Haroun è costantemente alla ricerca di particolari che appaiono sempre più in dissolvenza, privi di riscontri tangibili. In primis dare un nome alla vittima, all’arabo del racconto di Camus. Si viene così scoprire che il fratello di Haroun si chiama Moussa. Una vittima innocente di cui si conserva la memoria in una tomba vuota, il corpo non è stato mai ritrovato.

L’autore di Meursault, contre-enquête, Kamel Daoud, è un affermato giornalista algerino del Quotidien d’Oran dove cura una delle rubriche più seguite. È autore anche di altri racconti brevi ma, nel suo primo romanzo, ha deciso coraggiosamente di misurarsi con uno dei libri più conosciuti a tradotti al mondo come Lo Straniero.

La sfida lanciata da Daoud non appare solo letteraria, il periodo scelto a riferimento lo portano dritto al cuore delle problematiche dell’Algeria di oggi. La mai risolta questione coloniale, la lingua degli occupanti, i distinguo religiosi, il destino di un popolo segnato da una storia che sembra da sempre sfuggirgli.

La controinchiesta di Daoud, si muove in questa complessità, in questa realtà fatta di opposizioni, di doppi, di omicidi e vendette segnati dal tema di fondo della gratuità del male.

Haroun vive una realtà speculare a quella di Meursault, lo straniero diventa l’altro da sé, l’omicidio, come il suicidio ne il Mito di Sisifo di Camus, incarna la perdita di senso, l’abbandono di qualsiasi opzione filosofica, la barriera da infrangere, l’ultima, come i proiettili che diventano colpi bussati alle porte della sventura o dell’apparente liberazione. La morte dell’altro è qui il simbolo della rottura di equilibri, dell’irruzione dell’assurdo nella quotidianità.

In quanto controinchiesta, la narrazione di Daoud si sviluppa su di un binario parallelo e speculare a quello di Camus. Maria è ora Meriem, il nome Meursault si rivela il calco dell’arabo El-Merssoul, l’inviato, il messaggero.

Daoud dimostra di essere un profondo conoscitore dell’opera camusiana. Frequenti appaiono i riferimenti anche ad altre opere del premio Nobel, non ultima l’ambientazione della lunga narrazione di Haroun in un bar, che ripropone, senza stonature stilistiche, la lunga confessione del giudice–penitente de La Caduta di Camus.
Daoud però non casca nella trappola del sequel o del cavalcare la fama di altri . Sa dosare i riferimenti a Lo Straniero ed ai suoi personaggi fino a fare del suo, un racconto autonomo, lontano da ogni riferimento superfluo, dai fuori luogo, dalla ridondanza.
È veramente singolare come anche nel racconto di Daoud, pur nella continua ricerca della realtà dei fatti, la vicenda di questo omicidio perda ogni connotato localistico e cronachistico per toccare, ancora una volta, i registri sensibili dell’esistenza umana.

© 2014 Gianfranco Brevetto
 


venerdì 2 maggio 2014

Limerick pro memoria

 

Un’amica  ( il cui nome finisce per A)

Mi ha chiesto: Ma un limerick come si fa?

Una rima tu metti due volte lassù

Uno, due, tre…  e lei arriva giù

Semplice! ha detto. ( E lei cade quA)

 

© 2014 G. Brevetto, Op. Cit.

 


martedì 11 febbraio 2014

Ovunque tu guardi



Dovunque tu guardi

Ci sono parole,

Libere vanno

Le legge chi vuole.

A volte mi fermo,

Non so cosa fare,

Davanti alle frasi

Mi metto a pensare,

Pensare alle dame

Ai fanti, ai re,

Ed ora son loro

Che leggono me.

 

© 2014 Gianfranco Brevetto, Op. Cit.

sabato 8 febbraio 2014

L'inganno

 
Gli déi assumo
Le nostre
Sembianze
Per ingannarci.
Per confonderci,
Ad altri
Si svelano.
Senza ritegno
Ci guardano,
Svogliati,
Compiere
I gesti
Quotidiani
Che noi
Riteniamo
Immortali.
Ci contendono
La natura
Divina.
In sfide,
Non soddisfatte,
Riempiono
Di vuoto
La nostra esistenza.
Nessuno
É creato
A immagine
Dell'altro:
Dunque
Tutto
É inganno:
Di
Quell'immagine,
Quel riflesso,
Che fu
da qualche parte,
E che segnò
L'inizio,
Uomini
E
Déi
Ne sono
Solo lo
Specchio.

© 2014 Gianfranco Brevetto, Op. Cit.



venerdì 7 febbraio 2014

Pollimerick

 
Rotola rotola l’uovo
Col becco a fermarlo ci provo
L’acqua ribolle e s’ode
Erode fa rima con code
Frigge rotolo d’uovo
 
 
© G. Brevetto, Op. Cit.

Polimerick

 
Quel tale signore di plastica
Ha messo una protesi drastica
Di gomma il suo cappello
Polietilene il cervello
Il riciclabile signore di plastica
 
© G. Brevetto, Op. Cit.

giovedì 6 febbraio 2014

Limerickapra

 
Ho visto una capra di belle speranze
In una stalla di quindici stanze
Aveva acquistato persino un panca
Ed un cavolo dalla cima bianca
La furba capretta di belle speranze
 
© G. Brevetto, Op. Cit.
 

lunedì 3 febbraio 2014

Come se nulla fosse

 

Come se
nulla
fosse,
abbiamo
concordato
giorni
ed ore
insoliti,
come se
nulla
fosse
abbiamo
seminato
fiori
inaspettati,
come se
nulla
fosse
abbiamo
giurato
ancor
prima di
promettere,
sempre
come se
nulla fosse
abbiamo
discusso
senza
aver ragione
e
senza
aver torto,
per nulla
siamo
partiti
e tornati,
vestiti e
rivestiti
seduti
alzati
stretto
abbracci
scambiato
baci
più volte
provati
o
inattesi,
sempre e
comunque
come se
nulla
fosse
ci siamo
pensati
e ripensati,
dimenticati
con la
paura di
dimenticarci,
dispersi
e
ritrovati
per caso,
come se
nulla fosse.
Noi,
come se
nulla
fosse,
come se
fossimo
nulla,
senza
annullarci
per
sopravvivere
anche
a questo,
come ad
altro
ormai
passato.
Tutto
accade
come
se nulla
fosse
senza poter
mai
dire:
non è
successo
nulla.

© 2014 Gianfranco Brevetto, Op. Cit.





domenica 2 febbraio 2014

Je me refuse

 
 

Je me refuse

De te rencontrer,

De rencontrer

Ton corps

Parmi les objets:

Moi, je t’aime.

Le même corps

Que j’aime

Et qui t’appartient

Il appartient

Au sens

Que, jusqu’à présent,

Tu m’as caché.

Ne bouge pas,

Prends un temps,

Regarde-moi.

Je me refuse

De t’écrire,

Mots

Parmi les Pages:

Moi, je t’aime.

 

©  2014 Gianfranco Brevetto, Op. Cit.

 

giovedì 30 gennaio 2014

due per uno


Mi accadde un giorno che ero distratto
la tabelline comprender d'un tratto
Se uno per uno fa sempre uno
è quindi vero che resta qualcuno
Ma quando al due son dopo arrivato
sempre quell'uno per me il risultato
A quel momento un tale mi chiese
se chiese due pesci quanti ne prese?
Così nell'ansia mia mai soddisfatta
corsi al mercato e prova è fatta:
Chiesi due pesci a cotal venditore
che prontamente colpito da errore
invece di porgermi un paio triglie
e consegnarmi poi lo scontrino
scrisse su un foglio il numero uno
e lo incartò con un nastro giallino
e mentre al colore io stavo a pensare
mi accorsi di botto in modo opportuno
che sopra era scritto: impara a contare!

© 2014 Gianfranco Brevetto Op. Cit.