Meursault è il protagonista de Lo
straniero di Albert Camus. La trama di questo racconto è nota ed è
patrimonio consolidato della letteratura del secolo scorso. Meursault, uomo
apparentemente insensibile e distaccato, si rende colpevole di un
omicidio. In un anfratto di una spaiggia assolata, uccide, per futili
motivi, un arabo. Sappiamo solo che la sorella della
vittima è stata schiaffeggiata da un suo conoscente e Meursault teme che
il fratello voglia vendicarsi . La trama Lo Straniero prosegue,
poi, conl le vicende del processo a seguito di questo delitto, ma
dell’arabo, della vittima, che appare solo marginalmente nella prima parte
del racconto, nulla ci viene più riferito.
Haroun, è invece il protagonista
del recentissimo romanzo di Kamel Daoud, dal titolo Meursault,
contre-enquête (Acte Sud, 2014). Lo scenario, stavolta, è quello
dell’Algeria che ha visto da poco completarsi il lungo e doloroso processo
d’indipendenza, una vivenda che ha profondamente lacerato occupati e
occupanti. Siamo infatti agli inizi degli anni ’60.
Haroun, che nel
racconto Daoud è il fratello dell’arabo ucciso da
Meursault, vive la sua esistenza all’ombra di una madre, M’ma,
despota e possesiva il cui unico scopo è vendicare il figlio ucciso da un roumi,
un non arabo, come tanti coloni e figli di coloni.
Il racconto è un lungo feedback.
Haroun narra la storia della sua famiglia ad un non precisato interlocutore nel
corso di una serie d’incontri in un bar. Haroun ora è anziano, ma la vicenda è
ambientata nei concitati giorni che seguirono la partenza frettolosa dei
francesi, dopo la proclamazione dell’Indipendenza del 1962.
Sono passati venti anni
dall’omicidio (la pubblicazione de Lo Straniero è infatti del 1942)
l’Algeria è profondamente cambiata, nessuno ricorda più quell’episodio, se non
due piccole brevi di cronaca contenute in alcuni ritagli di giornali custoditi
gelosamente da M’ma.
Ricostruire quanto accaduto
sembra l’unica missione di Haroun, che deve sottostare all’onnipresenza e
onnipotenza materna. Haroun è costantemente alla ricerca di particolari
che appaiono sempre più in dissolvenza, privi di riscontri tangibili. In
primis dare un nome alla vittima, all’arabo del racconto di Camus. Si viene
così scoprire che il fratello di Haroun si chiama Moussa. Una vittima
innocente di cui si conserva la memoria in una tomba vuota, il corpo non è
stato mai ritrovato.
L’autore di Meursault,
contre-enquête, Kamel Daoud, è un affermato giornalista algerino del Quotidien
d’Oran dove cura una delle rubriche più seguite. È autore anche di
altri racconti brevi ma, nel suo primo romanzo, ha deciso coraggiosamente di
misurarsi con uno dei libri più conosciuti a tradotti al mondo come Lo
Straniero.
La sfida lanciata da Daoud non
appare solo letteraria, il periodo scelto a riferimento lo portano dritto al
cuore delle problematiche dell’Algeria di oggi. La mai risolta questione
coloniale, la lingua degli occupanti, i distinguo religiosi, il destino di un
popolo segnato da una storia che sembra da sempre sfuggirgli.
La controinchiesta di Daoud, si
muove in questa complessità, in questa realtà fatta di opposizioni, di doppi,
di omicidi e vendette segnati dal tema di fondo della gratuità del male.
Haroun vive una realtà speculare
a quella di Meursault, lo straniero diventa l’altro da sé, l’omicidio, come il
suicidio ne il Mito di Sisifo di Camus, incarna la perdita di senso,
l’abbandono di qualsiasi opzione filosofica, la barriera da infrangere,
l’ultima, come i proiettili che diventano colpi bussati alle porte della
sventura o dell’apparente liberazione. La morte dell’altro è qui il
simbolo della rottura di equilibri, dell’irruzione dell’assurdo nella
quotidianità.
In quanto controinchiesta, la
narrazione di Daoud si sviluppa su di un binario parallelo e speculare a quello
di Camus. Maria è ora Meriem, il nome Meursault si rivela il calco
dell’arabo El-Merssoul, l’inviato, il messaggero.
Daoud dimostra di essere un
profondo conoscitore dell’opera camusiana. Frequenti appaiono i riferimenti
anche ad altre opere del premio Nobel, non ultima l’ambientazione della lunga
narrazione di Haroun in un bar, che ripropone, senza stonature stilistiche, la
lunga confessione del giudice–penitente de La Caduta di Camus.
Daoud però non casca nella
trappola del sequel o del cavalcare la fama di altri . Sa dosare i riferimenti
a Lo Straniero ed ai suoi personaggi fino a fare del suo, un
racconto autonomo, lontano da ogni riferimento superfluo, dai fuori luogo,
dalla ridondanza.
È veramente singolare come anche
nel racconto di Daoud, pur nella continua ricerca della realtà dei
fatti, la vicenda di questo omicidio perda ogni connotato localistico
e cronachistico per toccare, ancora una volta, i registri sensibili
dell’esistenza umana.
© 2014 Gianfranco Brevetto