Oggi sono stato ai
funerali del mio Io. Una cerimonia sobria, poca gente, d'altronde non
ho potuto avvisare gli Altri, non ne ho avuto il tempo. Non mi sono
né commosso né dispiaciuto, come gli Altri, del resto.
C'ero, anche se non
potevo più utilizzare il pronome personale di prima persona. Quindi
c'ero ma mi sentivo particolarmente distaccato. Come esterno. Ricordo
bene di essermi subito accorto di non riuscire più a pensare. Calma!
Per pensare penso, ma non riesco più a parlare a me stesso. Quando
ci provo è come se parlassi al muro. Nessuno mi risponde. E, siccome
dentro devo essere vuoto, la mia voce rimbomba e, dopo un po', mi
provoca accessi di emicrania. Quindi sono costretto a stare zitto
dentro e parlare solo all'esterno. Devo farlo quando c'è qualcuno,
altrimenti, oltre a venirmi il mal di testa, mi prendono anche per
matto.
Diciamo che senza un Io
dopo un po' ci si abitua. E si inizia a provare anche un certo
benessere. Nessuno ce l'ha più con me, ho smesso di essere
permaloso. Nessuno si permette più di darmi dell'egoista,
dell'egocentrico e del narcisista. Nessuno prova più gusto
nell'offendermi e nessuno si permette di darmi del tu (cosa che ho
sempre odiato, anche quando il mio io era ancora vivo e vegeto).
Nei primi momenti, mi era
da subito venuta la voglia di ricostruirmi un altro Io. Non per
elaborare il lutto ( è ovvio che non posso farlo), ma per evitare
quel senso di assenza che mi si ripropone ogni mattina quando mi
sveglio.
Sono andato dal mio
medico curante, il quale mi ha dato degli ansiolitici e mi ha detto
che dovevo cambiare stile di vita. Dalla diagnosi e dalla
prescrizione è evidente che non ci ha capito nulla. Ma è stata
colpa mia, sono entrato nell'ambulatorio dopo una fila interminabile
di persone anziane che erano lì per farsi misurare la pressione.
Non avendo l'Io, ho
subito dedotto che il disturbo mattutino è un semplice reflusso
gastrico. Prenderò delle compresse all'alluminio. Sono sicuro che
tutto passerà in pochi giorni.
Così, la voglia di
rifarmi un altro Io mi è subito passata. Questa scelta avrebbe
comportato effetti collaterali, come la solitudine. Preferisco
starmene per i fatti miei senza far male a nessuno. Ho letto su di
una rivista che l'Io si ammala facilmente e che le cure per guarirlo
sono lunghe, dispendiose e comportano anni di chiacchierate con
specialisti del settore. Alle volte si può ammalare gravemente, ed
allora tutto si complica. Ma è meglio non parlarne.
Il mio Io è morto di
morte naturale. Un difetto dalla nascita. Era da sempre vissuto nella
certezza di restare giovane. Appena ha visto che la cosa tirava per
le lunghe, non gli ha retto la consapevolezza, che per un Io è
tutto.
Come farò per il futuro?
Semplice, se non ho più l'Io sarò un Altro generico. Quindi mi
comporterò come tale, con tutte le conseguenze. Per prima cosa mi
tratterò in terza persona, cambierò casa e automobile. Mi guarderò
dall'esterno, mi vedrò aggirare tra gli spazi e le persone che un
tempo avevano a che fare con il de cuius. Non potrò essere più
coinvolto in emozioni e sentimenti. Libero, finalmente libero. Che
gran soddisfazione!
Tornando a casa stasera,
in un cassetto, ho trovato una busta. L'ho aperta. Dentro c'era il
testamento olografo del mio Io. Ho riconosciuto subito la sua
scrittura. l'Io ha scritto quasi quattro pagine di cose che mi
sembrano non aver senso. Non potendo disporre di beni materiali,
parla di una donna e di alte cose che credo siano sentimenti. Cose
tipiche da adolescenti, come era lui.
Il testamento era
indirizzato all'Altro, cioè a me. Mi chiedeva di dare un ultimo
bacio ad una certa sua amica il cui nome termina per “a”.
Ho portato la lettera da
un notaio che mi ha subito nominato esecutore delle ultime volontà
del defunto. Ho accettato. Come potrei dire di no, all'Io buonanima.
©
2013 Gianfranco Brevetto
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