C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)

C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)
"C'est en écrivant qu'on devient écriveron" (Raymond Queneau)

lunedì 20 marzo 2017

IL POETA È MALATICCIO

Il poeta è malaticcio,
alticcio,
scanzonato.
Altre, similmente è tristo,
ombroso,
sfortunato.
Lui veste grigio o di nero
è vero:
trascurato.
Un poeta è d'altri tempi?
no, no, no:
riciclato.
Vuol lui così dimostrare
che a volte,
per campare,
un bel po' travestirsi occorre
ed anche
tralasciare
Il contenuto ed o la rima
o quel ch'è
detto prima:
di quell'effetto comico
dell'abito,
del monaco.

© 2017 G. Brevetto, da “Lo sciamano vegano e altri scritti antropometrici”

giovedì 26 gennaio 2017

'MBA O GLOC O CIOC (O ROBA DEL GENERE)

Stanotte i miei sospetti sono stati confermati. Da qualche giorno un rumore, come un ronzio (ma molto più forte, tanto da far vibrare i muri) viene dal piano di sopra  o dalla signora cha abita nell’appartamento di fianco (chissà?).  
Il rumore non è solo prodotto da una vibrazione, ma anche da un trapanare o  rovistare. Ma anche un mescolare, di fluidi come quasi solidi ma non molto compatti. Infine, da un versare (stando attenti a raccogliere l’ultima goccia coll’indice)  seguito da uno schiocco come quelli che si fanno risucchiando indentro le guance e allargando, poi, le labbra di scatto: insomma a me sembra un rumore tipo un ‘mba o gloc o cioc (o roba del genere).
Il citato rumore, aggiungo per facilitare la comprensione dei fatti, non è continuo ma si manifesta solo per alcune ore nel corso del giorno e della notte. Stanotte, io, questo rumore l’ho sentito bene. Mi rigiravo nel letto, presumo per un’insonnia temporanea dovuta a cause ancora in corso di accertamento ( ma ho anche lì dei sospetti), quando d’improvviso mi è apparsa la soluzione. Di tutto. Cioè di tutto quel vibrare, mescolare, versare e ‘mba o gloc o cioc o che dir si voglia.
Avevo già da qualche minuto scartato del tutto la natura umana del rumore, quando ho capito che doveva essere uno di quei casi in cui si è messi di fronte alle-cose-stesse (si dice così per non confonderle con le-stesse-cose). Messo di fronte a quella realtà, ero finalmente riuscito ad aver chiaro ed evidente  quel ronzare-vibrare-versare-schioccare, con tutta la sua natura di versare-per-riempire ( diciamo del ruolo della tecnologia, con tutte e sue implicazioni). Ma anche quell’assaggiare-per-gustare, o meglio (e perdonatemi l’imprecisione precedente) dell’ affondare-cucchiaino-sollevarlo-portarlo-alla-bocca-per-poi-richiuderla-estraendo-il-cucchiaino-stesso.
Proprio mentre le cose-stesse si andavano sempre più complicando (e dopo aver cercato in casa una caramella al miele)  mi sono arreso a quella che poteva e doveva essere la fonte di quel rumore. Dopo aver ascoltato ininterrottamente ancora per cinque minuti, nel silenzio notturno ho definitivamente sentenziato: è una macchina per produrre yogurt!
Ora, se di sopra o nell’appartamento di fianco producono yogurt deve pur esserci un camioncino, un’insegna, un indizio che dica che qui accade tutto ciò. Tutto sembra tacere, tutto tranne il ronzio. Ecco ci sono, ho capito: Lo smerciano nel palazzo, nottetempo! Lo assaggiano senza dirmi nulla. Approfittano della mia buona fede e del fatto che io gli yogurt li compro al supermercato (quando ci sono gli sconti).
E, se la causa è comunque maggiore dell’effetto, devo dedurne che si tratta di una classica cospirazione-contro-di-me. Non lo so, forse una volta avevo visto un vasetto di vetro che fuorusciva da un sacchetto di rifiuti che era stato dimenticato all’ingresso del palazzo. Ma tutto qui e, prima di parlare di cospirazione, ce ne vuole. Ma se di cospirazione si tratta è inutile verificare: tutti mi prenderebbero per matto.
Il mio amico Filippopiero, di professione psichiatra da poco abilitato alla professione,  è stato da me contattato nella tarda mattina del giorno 10 novembre. “Sei stressato – mi ha detto – dovresti far attenzione alla tua salute, oramai hai una certa età.” Mi ha detto anche di stare attento ai sogni, forse ingannano.  
La sera sono rientrato a casa, le scale sono imbrattate di una sostanza bianca dal sapore acidulo. Ho chiesto alla mia vicina e, prima che chiedessi, ha detto che certamente non è yogurt. In casa ho notato che il ronzio si è fatto ancora più evidente. È ancora un vibrare, mescolare, versare e ‘mba o gloc o cioc o che dir si voglia.
Alle 23 e 35 del 10 novembre ho pensato che Filippopiero avesse, in fondo, ragione.
Si tratta di un inganno: il sogno ricorrente degli inquilini del palazzo è una macchina per fabbricare yogurt. Gli altri pensano, dunque io sono.  

© 2017 Gianfranco Brevetto