C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)

C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)
"C'est en écrivant qu'on devient écriveron" (Raymond Queneau)

giovedì 24 novembre 2011

[ Le Journal de Valérie Debieux] Vivere per raccontare.

 

« S. che si manifesta e mi diventa estranea, e più conosco di lei, e scrivo, e più lei diventa un altro perché mi accorgo di non conoscerla. Più non la conosco e più ho bisogno di raccontarla. Più la racconto e più sento di non conoscerla. »
                      (la traduzione è in basso)
Le protagoniste est à la recherche de S. Qui est-elle ? Il ne l’a encore jamais rencontrée et ignore de quoi elle a l’air. Et pourtant. Il n’a de cesse de recevoir des messages de la part de cette femme sur son portable. Soudainement. Eclat. Coup de tonnerre. La pluie déverse des trombes d’eau sur la ville. Et puis. Il remarque une femme qui lui fait un signe de la main depuis une voiture. Hallucination ? Un texto vient lui confirmer qu’il s’agit bien de S. Mais que lui veut-elle ? Elle lui dit donne un nouveau rendez-vous mais toujours, au dernier moment, elle change d’avis et leur rencontre ne peut véritablement aboutir.
Le protagoniste de Gianfranco vit pour raconter. Tout le temps. L’écriture est pour lui une recherche permanente de mots. Le mot approprié. Le mot significatif. Il y travaille comme un joaillier quotidiennement. Absorbé par son écriture. Où qu’il soit. Son esprit est en activité permanente. Il observe et il a un goût inné pour le détail. Rien ne lui échappe même s’il semble ne pas écouter ou ne pas regarder l’autre. Il est là sans être véritablement présent. « Entre deux mondes ». Entre réel et fiction.
Quelle est finalement la réelle vision d’un écrivain ou même celle d’un peintre ? L’écriture est si proche de la peinture. Henri Michaux écrivait : « Si je tiens à aller par des traits plutôt que par des mots, c’est toujours pour entrer en relation avec ce que j’ai de plus précieux, de plus vrai, de plus replié, de plus mien ».
Quand on lit « Opus reticulatum », on perçoit très vite que l’essentiel et le plus important est d’écrire ce qui est au plus près de soi.

Valérie Debieux


traduzione
« S che si manifesta e mi diventa estranea, e più conosco di lei, e scrivo, e più lei diventa un altro perché mi accorgo di non conoscerla. Più non la conosco e più ho bisogno di raccontarla. Più la racconto e più sento di non conoscerla. »
Il protagonista è alla ricerca di S. Ma chi è  ? Non l’ha mai incontrata e ignora come sia fatta.  Tuttavia. Tuttavia lui continua a ricevere dei messaggini da parte di questa donna. Improvvisamente. Un bagliore. Un tuono. La pioggia si riversa a secchiate sulla città. Poi. Lui nota che una donna lo saluta da una auto che passa. Allucinazioni ? Un sms gli conferma che si tratta di lei. Ma cosa vuole ? Lei gli dà un nuovo appuntamento ma, sempre, all’ultimo momento, lei cambia idea e il loro incontro non avviene.
Il protagonista del libro di Gianfranco vive per raccontare. Sempre. La scrittura è per lui la ricerca permanente di parole. La parola appropriata, giusta. Il significante. Lavora quotidianamente come un orafo. Assorbito dalla sua opera, dalla sua scrittura. Ovunque lui sia.  Il suo pensiero è in permenente attività. Osserva ed ha un gusto innato per i dettagli. Nulla gli sfugge anche se apparentemente sembra che non ascolti o guardi nessuno. E’ lì senza essere realmente presente.  « Tra due universi ». Tra il reale e la finzione. Qual è la reale visione di uno scrittore o di un pittore ? La scrittura è così vicina alla pittura. Henri Michaux scriveva : «  Se preferisco  usare dei tratti piuttosto che delle parole, è  per entrare in relazione con ciò che ho di più prezioso, di più vero, di più intimo, di più mio ».
Quando si legge « Opus Reticulatum » si capisce subito che l’essenziale é scrivere di ciò che è più vicino a sé stessi.

Valérie Debieux (trad. G. B.)


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