Renato
è un vegetariano convinto, quindi, sul momento non fece caso a quella che
poteva sembrare una battuta innocente.
–Posso
assaggiare il suo dito?
La
richiesta proveniva, addolcita con una vocina minuta e serena, da una signora
che le si era accostata alla fermata del bus.
-
Posso assaggiarne almeno un pezzetto? Insistette quella donna minuta anche
nell’aspetto.
Renato
sorrise. La guardò e poi tornò a scrutare in lontananza, in attesa
d’intravedere da lontano il 22 barrato.
- Mi
scusi signore, sia gentile, mi farebbe assaggiare anche solo una falange del
suo dito?
Renato
guardò di nuovo la signora e finse di stare al gioco.
- Le
assicuro che la mia falange non è un granché. Provi da quel giovanotto lì di
fronte, lui è più giovane.
- No,
io vorrei assaggiare proprio la sua! Sono un’intenditrice e le assicuro che il
suo dito è un vera prelibatezza.
- Ma
su signora, non mi faccia ridere. Ecco sta arrivando il bus. La saluto.
- Io
non voglio far ridere proprio nessuno e, con le buone o con le cattive maniere,
io mangerò il suo dito!
- La prego
signora, non insista, devo prendere il bus. E poi, perché dovrei cederle il mio
dito?
- Guardi
che mi basta solo una falange…
- Sì,
appunto, perché dovrei permetterle di mangiare la mia falange?
-
Perche sono un cannibale!
Renato
si scostò di qualche passo. E con due balzi improvvisi salì su un bus che stava,
proprio in quel momento, richiudendo le porte. Non era il 22 barrato. Ma chi se
ne importa, sarebbe sceso alla fermata successiva. Mentre cercava di dimenticare
al più presto quella buffa signora, un ometto sulla sessantina si accostò a lui
e fingendo di dover scendere, gli sussurrò all’orecchio:
- Non
può immaginare come gradirei mangiare almeno l’alluce del suo piede destro.
Renato
fece appena in tempo a voltarsi che quell’ometto era già sparito.
Renato
scese alla prima fermata, ripromettendosi di salire sul 22 barrato che seguiva
nella fila indiana nel traffico
cittadino.
- Ha
visto quanti ce ne sono? Gli disse un signore dal cappotto viola.
- Di
cosa? Rispose frettolosamente.
- Di
cannibali! Oggi è davvero impossibile andare in giro!
- Ma
io non ci credo. Si tratta di uno
scherzo.
- No
guardi che è proprio così, le consiglio di prestare attenzione.
- Va
bene, stia tranquillo, starò attento.
Renato
cercava di allontanarsi frettolosamente quando, quello stesso signore, gli si
avvicinò. A guardarlo bene, aveva un volto diverso da tutte quelle strane
persone incontrate nella baraonda cittadina. Mostrava un interesse, quasi
morboso per lui. Renato, questa volta, invece di sentirsi infastidito era come
attratto, affascinato.
- Non
stia a sentire quei cannibali da poco conto, di mi disse a voce bassa.
- E
perché dovrei?
- Mi
ascolti, la conosce la storia del dottor Faust?
-
Certo! Ma quello non era un cannibale era un demone.
- Io
non sono né l’uno né l’altro.
-
Bene, mi fa piacere, ma adesso ho altro da fare.
- Fermo,
Io potrei essere uno come lei.
-
Certamente , adesso però…
- Anzi,
sono sicuramente come tanti suoi contemporanei
-
Bravo! Io vado…
- A
me non interessa la sua anima..
- Ammesso
che io la abbia … Ma insomma, cosa vuole da me?
- Ecco,
le lascio una piccola lista. In fondo c’è il mio indirizzo, la attendo!
Renato
mise in tasca quel foglietto frettolosamente. Lo conservò.
La
sera, rientrato a casa, si avvicinò alla finestra. Nell’ultimo chiarore del
giorno lesse:
“ I
tempi cambiano (e poi, chi ha detto che i tempi siano mai esistiti?) Lei, come
altri, possiede alcune cose, del tutto irrilevanti, che non le servono più a
nulla. Molto probabilmente alcuni miei, e suoi, simili gliele hanno già sottratte.
La prego dunque di consegnarmi quel che le resta del coraggio, del senso che
attribuiva alle cose, della voglia di vivere, dei sentimenti, della dignità.
Cordialmente.”
Renato
ripiegò il biglietto. Fissò le strade che si svuotavano rapidamente. Aveva
voglia di piangere. Ma, anche quella volta, non riuscì a farlo.
© 2013 Gianfranco Brevetto
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