C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)

C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)
"C'est en écrivant qu'on devient écriveron" (Raymond Queneau)

venerdì 22 novembre 2013

CANNIBALI !


Renato è un vegetariano convinto, quindi, sul momento non fece caso a quella che poteva sembrare una battuta innocente.

–Posso assaggiare il suo dito?

La richiesta proveniva, addolcita con una vocina minuta e serena, da una signora che le si era accostata alla fermata del bus.

- Posso assaggiarne almeno un pezzetto? Insistette quella donna minuta anche nell’aspetto.

Renato sorrise. La guardò e poi tornò a scrutare in lontananza, in attesa d’intravedere da lontano il 22 barrato.

- Mi scusi signore, sia gentile, mi farebbe assaggiare anche solo una falange del suo dito?

Renato guardò di nuovo la signora e finse di stare al gioco.

- Le assicuro che la mia falange non è un granché. Provi da quel giovanotto lì di fronte, lui è più giovane.

- No, io vorrei assaggiare proprio la sua! Sono un’intenditrice e le assicuro che il suo dito è un vera prelibatezza.

- Ma su signora, non mi faccia ridere. Ecco sta arrivando il bus. La saluto.

- Io non voglio far ridere proprio nessuno e, con le buone o con le cattive maniere, io mangerò il suo dito!

- La prego signora, non insista, devo prendere il bus. E poi, perché dovrei cederle il mio dito?

- Guardi che mi basta solo una falange…

- Sì, appunto, perché dovrei permetterle di mangiare la mia falange?

- Perche sono un cannibale!

Renato si scostò di qualche passo. E con due balzi improvvisi salì su un bus che stava, proprio in quel momento, richiudendo le porte. Non era il 22 barrato. Ma chi se ne importa, sarebbe sceso alla fermata successiva. Mentre cercava di dimenticare al più presto quella buffa signora, un ometto sulla sessantina si accostò a lui e fingendo di dover scendere, gli sussurrò all’orecchio:

- Non può immaginare come gradirei mangiare almeno l’alluce del suo piede destro.

Renato fece appena in tempo a voltarsi che quell’ometto era già sparito.

Renato scese alla prima fermata, ripromettendosi di salire sul 22 barrato che seguiva nella  fila indiana nel traffico cittadino.

- Ha visto quanti ce ne sono? Gli disse un signore dal cappotto viola.

- Di cosa? Rispose frettolosamente.

- Di cannibali! Oggi è davvero impossibile andare in giro!

- Ma io non ci credo.  Si tratta di uno scherzo.

- No guardi che è proprio così, le consiglio di prestare attenzione.

- Va bene, stia tranquillo, starò attento.

Renato cercava di allontanarsi frettolosamente quando, quello stesso signore, gli si avvicinò. A guardarlo bene, aveva un volto diverso da tutte quelle strane persone incontrate nella baraonda cittadina. Mostrava un interesse, quasi morboso per lui. Renato, questa volta, invece di sentirsi infastidito era come attratto, affascinato.

- Non stia a sentire quei cannibali da poco conto, di mi disse a voce bassa.

- E perché dovrei?

- Mi ascolti, la conosce la storia del dottor Faust?

- Certo! Ma quello non era un cannibale era un demone.

- Io non sono né l’uno né l’altro.

- Bene, mi fa piacere, ma adesso ho altro da fare.

- Fermo, Io potrei essere uno come lei.

- Certamente , adesso però…

- Anzi, sono sicuramente come tanti suoi contemporanei

- Bravo! Io vado…

- A me non interessa la sua anima..

- Ammesso che io la abbia … Ma insomma, cosa vuole da me?

- Ecco, le lascio una piccola lista. In fondo c’è il mio indirizzo, la attendo!

Renato mise in tasca quel foglietto frettolosamente. Lo conservò.

La sera, rientrato a casa, si avvicinò alla finestra. Nell’ultimo chiarore del giorno lesse:

“ I tempi cambiano (e poi, chi ha detto che i tempi siano mai esistiti?) Lei, come altri, possiede alcune cose, del tutto irrilevanti, che non le servono più a nulla. Molto probabilmente alcuni miei, e suoi, simili gliele hanno già sottratte. La prego dunque di consegnarmi quel che le resta del coraggio, del senso che attribuiva alle cose, della voglia di vivere, dei sentimenti, della dignità.

Cordialmente.”

Renato ripiegò il biglietto. Fissò le strade che si svuotavano rapidamente. Aveva voglia di piangere. Ma, anche quella volta, non riuscì a farlo.

 

 © 2013 Gianfranco Brevetto

 

 

 



 

 



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