Non ricordo tante
cose di me. Né desidero farlo. Non ho agende e consulto il calendario solo
quando è necessario. Diffido delle persone che prendono impegni da qui a
qualche mese. Quei pochi appuntamenti che ho li ricordo a mente, e quelli che
non ricordo e come se non fossero mai esistiti. L’averli dimenticati è indice
della loro importanza.
Ma di tutte le date
importanti, compleanni, ricorrenze, celebrazioni, ricordo solo un giorno, uno
in particolare. Per quanto possa sembrare strano, è solo quel giorno che mi ha
colpito, che ho ritenuto importante non perdere di vista. Dicevo, non mi era
mai successo, i giorni belli o brutti ritenevo che facessero parte del passato,
verso il quale, per scelta personale, non mi sono mai voltato.
Tempo prima avevo
comprato al mercato delle scarpe. Alcuni oggetti ci ispirano simpatia da
subito, quasi ci fossero appartenuti da sempre a noi e mai vorremmo lasciarli.
Mentre per altri è diverso. Li sentiamo estranei. Anche se belli li
abbandoniamo, con una scusa qualsiasi, da qualche parte. Ripromettendoci,
sempre, di riprenderli in secondo momento. Ma, questo è il mistero, anche se l’istinto
ce lo consiglia, non li buttiamo via mai.
Di quelle scarpe mi
ero innamorato a prima vista. Mi piacevano. Le avevo da subito indossate ed
erano divenute le mie preferite. Anzi ne avevo anche scoperto qualità
impreviste, sulle quali non mi dilungo. Insomma tutto trascorreva per il
meglio, ed anzi continuamente le controllavo temendo, con orrore, di scoprire
qualche cedimento nella suola o nella tomaia. Ma, quelle scarpe, sembravano
possedere una resistenza fuori del normale.
Improvvisamente il
28 ottobre alle ore 15,15, nell’atto di rientrare in casa, mi sembrò che la
suola della scarpa sinistra, nell’istante di toccare il pavimento, una volta
superata la soglia, emettesse come un piccolo cigolio, più che un cigolio una
sorta di stridio, come un criiiii. La
cosa mi sembrò impossibile. Continuai a camminare in casa e quel criii
piano piano divenne un cre cre,
poi un cra e quindi cre cra. Al passo felpato del destro
corrispondeva il cre cra del
sinistro. Mi fermai, respirai profondamente. Detti la colpa al pavimento,
quindi tornai in strada dove il cre cra
persisteva attutito dai rumori di fondo.
Camminai a lungo, ma
non riuscivo a distogliere il pensiero da rumore della suola, cre cra, cre cra, cre cra… Allora entrai
in un bar per ordinare un caffè, cre cra cre
cra.. Telefonai ad un amico, cre cra cre
cra cre cra… Tornai a casa, mi tolsi le scarpe e guardai a lungo la suola ancora
perfetta. M’infilai delle antipaticissime pantofole, in un’odiosa padella mi
riscaldai la cena. La mangiai con una coppia di posate che mi avevano regalato
e che avevo, più volte, pensato di lasciar andare nell’immondizia alla prima occasione. Mi addormentai in quelle
lenzuola color rosa pallido: ci avevo dormito con una donna insopportabile che,
fortunatamente, non avevo più rivisto.
Era il 28 ottobre
alle ore 23,00.
Prima di
addormentarmi, ripensai alle mie scarpe. Quelle amate, senza bisogno di contare
il tempo.
Mi avevano reso
felice in un mondo imperfetto.
Comprai un’agenda. A
malincuore.
© 2013 Gianfranco
Brevetto
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