C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)

C'est en écrivant qu'on devient écriveron (Raymond Queneau)
"C'est en écrivant qu'on devient écriveron" (Raymond Queneau)

mercoledì 13 luglio 2011

[Diario di un Traduttore] LA LINGUA PERFETTA


Occorre che lo confessi subito: tradurre fa male! I vocabolari non bastano mai, la lingua, quella parlata, corre veloce. Poi non avrei dovuto leggere Eco. Lui mi aveva rovinato la festa prima ancora d’iniziarla. Sì, proprio rovinata, con quel suo distinguo tra il lavoro dell’interprete e quello del traduttore. Per il signor Eco “mentre l’interprete ascolta e traduce simultaneamente, il traduttore (sic! – e lo dico io- ) deve padroneggiare anche le lingue scritte.”
Mi aveva fregato, non avrei mai avuto il coraggio di scrivere nulla! Cosa voleva dire “padroneggiare”? Chi mi avrebbe dato la sicurezza di essere in grado di farlo?
Devo molto a Umberto Eco e, queste mie domande, non contengono nessuna forma d’ironia. Andai avanti e lessi oltre. “Molti intellettuali, letterati o linguisti, si sono cimentati nell’ardua questione della traducibilità del testo”- scrive ne La ricerca delle lingua perfetta (Laterza 1993) – (…) il dibattito sulla traduzione e sulla lingua perfetta e tutt’altro che concluso”.
Bene, potevo iniziare a tradurre! Ero in buona compagnia.


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